Jeremy Rifkin, l’economista e politologo americano, tra i più brillanti pensatori del nostro tempo, nel suo ultimo saggio “La società a costo marginale zero” (Mondadori, 2014) parla con entusiasmo della terza rivoluzione industriale, di tre Internet in un unico sistema e invita il nostro Paese a darsi una mossa. Tra i vari temi affrontati, dedica anche un capitolo al “Commons della Logistica” che, sostiene Rifkin, aprirebbe la via all’era della collaborazione, grazie alla confluenza di Internet delle comunicazioni, Internet dell’energia e Internet della logistica nella struttura integrata di un’Internet delle cose.
“Ora ci sono 14 miliardi di sensori nel mondo che collegano cose e persone” dice Rifkin all’Ansa. “Si pensa che nel 2030 saranno 100 trilioni. Questi sensori consentiranno a tutti di avere accesso ad un’enorme quantità di dati, dando per scontato che si garantisca la neutralità della rete”. Vuol dire che tra meno di vent’anni ci saranno, dunque, miliardi di persone capaci di accedere all’Internet delle cose attraverso un semplice computer e questo a costi marginali sempre più ridotti. Per restare al tema della logistica, nel suo libro Rifkin afferma che, nello sforzo di ripensare il settore, l’industria del trasporto attinge metafore da Internet. Lo fa citando Benoit Montreuil dello University Research Center on Entreprise Networks, Logistics and Transport (CIRRELT) di Montréal: “così come il mondo digitale ha usato la metafora dell’autostrada, ora il settore logistico, per rimodellare a livello globale il proprio ambito, dovrebbe ispirarsi all’architettura aperta della comunicazione distribuita di Internet”. Vien da sé che, per realizzare un modello di questo genere, tutti i prodotti fisici dovrebbero essere inseriti in container modulari standardizzati e trasportabili e tracciabili in qualsiasi rete logistica.
Allo stesso modo, aggiungiamo noi, i container dovrebbero essere necessariamente dotati di dispositivi infotelematici satellitari per garantire una puntuale identificazione, localizzazione e rilevamento delle posizioni. Sempre secondo Rifkin, nell’Internet della logistica “il tradizionale trasporto point-to-point (da capolinea a capolinea) e hub-to-hub (da terminal a terminal) cederà il passo a una forma di trasporto distribuita, plurisegmentata e intermodale. Non più un unico conducente che gestisce l’intero carico dal centro di produzione fino al punto di consegna, per poi dirigersi verso la postazione più vicina e prendere un nuovo carico da consegnare sulla via del ritorno”.
Una visione che si sposa perfettamente con quella di Viasat che, non a caso, ha progettato e realizzato un dispositivo satellitare autoalimentato, il BluTrack, concepito per rispondere proprio all’esigenza di localizzare le merci, durante tutto il loro itinerario (anche su mezzi differenti) e non solo i veicoli. Ma l’infotelematica e le tecnologie satellitari mettono a disposizione ben altro agli operatori del settore. Stiamo parlando di una rivoluzione che permetterà alle aziende di trasporto più innovative di dotarsi di strumenti di business intelligence per elaborare i dati e le informazioni, provenienti dai dispositivi di bordo, in conoscenza e, quindi, in opportunità di business. Una scelta ineludibile per dare a questo comparto tutta l’efficienza di cui ha bisogno per competere in Italia e all’estero, visto che nel rapporto 2014 “Analisi e previsioni per il trasporto merci in Italia”, realizzato da Confcommercio-Imprese per l’Italia, si stima che “la perdita di accessibilità, cioè di effettiva possibilità di raggiungere un territorio senza aggravio di costi (a causa delle inefficienze del sistema dei trasporti nazionali), tra il 2000 e il 2012 avrebbe comportato una riduzione complessiva di prodotto interno lordo pari a 24 miliardi di euro”. Non cogliere questa opportunità, vuol dire perdere l’ultimo treno per il futuro.
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